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Oltre il limite

Nicolas Locori ha ideato il progetto oltre il limite. Una sfida personale e un'impresa sportiva estrema fra nuoto, bici e corsa a piedi. Ci racconta la sua storia di coraggio e determinazione, in un viaggio che è anche interiore.

2 Maggio 2022

Running

È l’alba di lunedì 6 settembre 2021 e tra qualche minuto, dalla barca che mi farà assistenza per le prossime tre ore di nuoto, mi butterò nelle acque cristalline del Parco Nazionale delle Cinque Terre. Di fronte al porticciolo di Riomaggiore inizierà il mio prossimo Oltre il Limite 2021. Accanto a me ci sono i miei amici. Quelli di sempre e di cui mi fido. Mi seguiranno costantemente per tutto il viaggio e mi assisteranno. Senza di loro non potrei fare quello che faccio. C’è Pietro Canepa che fotograferà i momenti salienti e i ragazzi di Elephant Studio che gireranno e produrranno il documentario. Sono emozionato e un po' teso, ma allo stesso tempo felice di iniziare il mio prossimo viaggio di ultra triathlon, un progetto da me ideato e giunto quest’anno alla terza edizione. Tutti i sacrifici e gli sforzi fatti finora, nel momento in cui darò la prima bracciata, diventeranno benzina e divertimento, alimentando la mia voglia di arrivare in fondo e di vivere un’esperienza unica.

Realizzare i propri sogni

Mi chiamo Nicolas Locori, sono nato a La Spezia e vivo a Lerici, ho 39 anni e amo la vita e lo sport. Sono un sognatore che ha avuto la fortuna di comprendere come realizzare il proprio sogno e di renderlo concreto. Perché è proprio questo che rende un sogno realtà: la concretezza. Ho capito che serve, principalmente, comprendere quali sono i propri desideri e poi, successivamente, essere determinati a realizzarli, prescindendo dalle circostanze e dalle situazioni che si vivono. Da quando avevo vent’anni ho cominciato a lavorare su me stesso cercando di scoprire chi sono e il modo per esprimerlo. Ed è proprio nello sport, che ho trovato la quadra giusta. Dopo aver praticato moltissime discipline sportive, sono sempre stato attirato dagli sport di endurance. Ho iniziato a correre in montagna circa dieci anni fa ed è stato un amore folgorante. Il trailrunning. Che sport meraviglioso. Correre in natura sui sentieri di montagna o a picco sul mare penso sia una delle cose più entusiasmanti che esistano. Col passare degli anni poi, ho cominciato ad aumentare le distanze e mi sono accorto che la corsa endurance mi divertiva e mi permetteva di scoprire, ogni volta, qualcosa di me che non conoscevo. Non solo dal punto di vista sportivo, ma anche umano. Mi sono allenato in solitaria per molto tempo. Ho fatto competizioni che sono durate anche più di 20 ore, e più correvo più crescevo interiormente.

Se le gare non bastano più

Quando ho iniziato a fare triathlon, il passaggio alle lunghe distanze è stato automatico e naturale. Ma ad un certo punto, le gare non mi bastavano più e nell’agosto 2019 ho realizzato un progetto che ho chiamato “Oltre il Limite”. Alcuni la chiamano impresa ma personalmente mi piace chiamarlo “viaggio”. Perché è di questo che si tratta: un viaggio fuori e dentro di me. L’edizione zero di Oltre il Limite mi ha visto nuotare per 8 km da Portovenere a Lerici, pedalare per 445 km da Lerici a Courmayeur e correre/camminare per 150 km sui sentieri intorno al massiccio del Monte Bianco. Ho concluso questo ultra triathlon in poco più di 76 ore no stop. Ho realizzato qualcosa che è nata dal profondo del mio essere. Un’idea partorita dalla mia mente, in una sera di maggio, mentre avevo in braccio mia figlia Sofia. Volevo fare qualcosa di unico in suo onore. Ho unito così, l’amore per il mare, quello per la montagna e quello per mia figlia in un unico grande sogno. Dopo il mio primo viaggio ce ne sono stati altri due. Nel 2020 ho nuotato da Riomaggiore a Portovenere per 15 km, pedalato per 440km fino a Belluno e corso sull’Alta Via n. 1 delle Dolomiti fino a Braies per 120km e 6000 m di dislivello positivo, impiegandoci in totale 82 ore. La prova sportiva di quest’anno, invece, è stata un omaggio alla mia regione che amo profondamente, la Liguria. Ho nuotato per 10 km per tutto il Parco Nazionale delle 5 Terre, ho raggiunto in bici Ventimiglia e sono tornato a Genova, precisamente a Creto, un piccolo borgo di montagna sopra al capoluogo ligure, e dopo 440 km di pedalata non stop ho attaccato a piedi la splendida Alta Via dei Monti Liguri, correndo fino a Portovenere per 144 km e 5000m di dislivello. Ho impiegato poco meno di 75 ore per tornare a casa. La nuotata da Riomaggiore a Monterosso è durata 2 ore e 53’ ed è stata una delle parti più emozionanti del viaggio. Lo spettacolo dell’alba e il mare piatto come l’olio hanno reso questo momento incredibile e mi hanno tranquillizzato. Uscito dall’acqua a Monterosso, dopo una veloce doccia e qualche piccolo panino salato, sono salito in sella alla mia Exept creata su misura per me e ho iniziato il lungo viaggio verso Ventimiglia e ritorno a Genova. Numerosi sono stati i momenti di crisi e di stanchezza mentale durante le 23 ore e 50’ di bici.

Poche ore di sonno

A turno, alcuni amici come Davide Buglione, Corrado Grassi e Uwe Hensel, hanno pedalato al mio fianco e grazie a loro sono riuscito a mantenere un ritmo costante senza mai fermarmi più di tanto. Ho fatto pause di circa 20/30 minuti ogni 100km, mangiando pasta e rinfrescandomi come potevo. La parte di bici è sempre la parte in cui soffro maggiormente, probabilmente perché non si svolge in un bosco o in mare ma sono principalmente immerso nel caos del traffico di auto e mezzi pesanti. Mentalmente accuso parecchio e quando finisce sono felice. E così è stato anche quest’anno. Quando sono arrivato a Creto dopo 440 km e 4500 d+, un piccolo paese che sorge a 500 metri di altitudine nell’entro terra di Genova, è stata una gioia. Ero stremato. Pensavo che mi sarei fermato qualche ora e avrei dormito un po'. Non volevo più saperne di stare in ballo senza prima aver riposato. Ma alla fine, solo il fatto di essere sceso dalla bici mi ha rigenerato. Ho ripreso dieci anni di vita. Mi è bastata una doccia in van, cambiarmi e mangiare qualcosa, per decidere di ripartire subito e iniziare a correre sulla famosa AV, l’Alta Via dei monti liguri. Il momento di dormire è arrivato dopo circa 12 km dall’inizio del sentiero. Sara, Annalisa e tutti i ragazzi che mi assistevano, mi stavano aspettando al passo della Scoffera e lì decido di riposarmi e dormire un paio d’ore in van. E’ stata l’edizione in cui ho dormito meno. Due ore e 15’ in tutto. A causa della mancanza di sonno, nella parte finale di trailrunning, mentre correvo ho avuto allucinazioni e ho sognato ad occhi aperti. Un piccolo micro sonno di 3’ mi ha permesso di terminare la prova e non schiantarmi giù dai sentieri a picco sulla costa che scendono verso Portovenere. Queste esperienze non possono che lasciare il segno e servire a conoscermi sempre più profondamente. Sì, perché quando si parte per un viaggio come questo, o per qualsiasi altra esperienza ultra che duri più giorni, è necessario essere pronti a guardare dentro se stessi e ad affrontare i propri demoni interiori. Non è solo un movimento nello spazio fisico, ma è un vero e proprio percorso interiore. Un viaggio spirituale che non può che cambiarti per sempre. Superare le proprie paure e i propri limiti con il coraggio e la fede ti cambia e ti migliora, sia come sportivo che come essere umano. Prima di partire ho sempre paura. Poi dopo la partenza, questa paura svanisce e lascia spazio al divertimento e alla scoperta di nuove terre. Gli occhi dei miei compagni di viaggio, i ragazzi che mi assistono costantemente 24 ore su 24, diventano il mio collegamento con il mondo fisico. Interiormente, però, vivo un’esperienza incredibile e difficile da spiegare a parole.

Il sapore della rinascita

Io e Gianluca Cipollini, Filippo Cantarini e Edoardo Moscatelli, i miei angeli custodi sui sentieri liguri, abbiamo passato due notti correndo nei boschi senza sosta e alla fine i 144 km di corsa sono scivolati via abbastanza facilmente. Il momento più delicato per me è stata l’ultima notte prima dell’arrivo a Portovenere. Stavo perdendo considerevolmente lucidità mentale e i piedi doloranti non mi davano tregua e mi impedivano di correre. Dopo poco meno di 46 ore dalla partenza a Creto, il mio arrivo a Portovenere è stato emozionante. Per la prima volta da quando organizzo Oltre il Limite, sono partito e tornato a casa con le mie sole forze. Nelle precedenti due edizioni sono partito dalla Liguria per raggiungere il Monte Bianco o le Dolomiti, ma quest’anno è andata diversamente. Nuotando, pedalando e correndo, in un tempo totale di 74 ore e 43’, sono ritornato al punto di partenza e ho chiuso il cerchio. Il primo Oltre il Limite è iniziato a Portovenere e l’ultimo è finito a Portovenere. Tutto questo ha avuto il sapore di una rinascita. Un modo per ringraziare la “mia” terra per tutto lo splendore che mi offre ogni giorno. E’ ormai da un pezzo, infatti, che lo sport per me ha un significato profondo. Non è mica un lavoro. Il mio vero lavoro è il consulente commerciale per un’azienda che vende attrezzature per parrucchieri. Per me lo sport è uno stile di vita. Un modo semplice e diretto di stare a contatto con la natura. Anzi, di starci dentro con tutto il mio essere e farmi avvolgere completamente. Inoltre, da un anno a questa parte, ho la fortuna di condividere i miei allenamenti con la mia compagna di vita Sara. Ci alleniamo insieme in mare e in montagna e lei mi supporta costantemente. Per quanto mi riguarda, condividere e avere persone intorno a noi che ci capiscono, è il segreto per una vita felice e di successo. Ho chiamato questo progetto “Oltre il Limite” perché mi ha sempre affascinato la sfida personale. Non come competizione verso gli altri, ma come una ricerca interiore che passa dal tentare qualcosa che anche per la mia mente risulta sconosciuto. Per me andare oltre i limiti non vuol dire rischiare la mia vita, ma piuttosto, assaporarla pienamente in ogni suo aspetto. Durante i miei allenamenti e i miei viaggi, ascoltare il mio respiro, il battito del mio cuore e restare in contatto con l’osservatore che è dentro di me, è qualcosa che mi fa sentire incredibilmente vivo. Nuotare, pedalare e correre per giorni è faticoso solo per chi non ama ciò che fa. Perché nessuno mi ha costretto a farlo, sono io che l’ho scelto. E l’ho scelto perché mi piace. È questo che secondo me bisognerebbe fare nella vita: scoprire chi siamo ed essere fedeli a noi stessi sempre. Nel bene e nel male. Andare oltre il limite per me vuol dire non mollare davanti alle difficoltà e continuare ad andare avanti. Anche quando la mente ti dice “basta”. Ma andare oltre, vuol dire anche sapere quando è il momento di fermarsi, perché è troppo importante rispettare se stessi e il nostro corpo. E questo la nostra mente non lo sa. Ecco perché è così importante conoscersi ed ascoltarsi. In fondo, siamo vivi e dobbiamo esserne grati. Serve passione. Quando fatichi per giorni come nel mio caso, serve amare quello che si fa, perché se non ami quello che fai, prima o poi, ti fermi. Quando stare in bici provoca dolori ovunque e durante la corsa senti male ad ogni passo, continui solo perché quello che stai facendo ti piace. Personalmente, mi piace la sensazione che la fatica mi provoca. E non lo faccio per nessuno, lo faccio solo per me. Serve coraggio. Ci vuole coraggio per vivere fedeli a se stessi. E di solito, le scelte più giuste sono sempre quelle che ci fanno più paura e che richiedono uno sforzo maggiore, un vero e proprio “salto nel buio”. Quelle scelte che richiedono un atto di fede. Come se la vita stessa ti chiedesse un atto di fiducia per vedere se davvero sei disposto ad essere felice. E felice, per me, non è vivere a mille e sempre di buon umore, ma piuttosto, essere a proprio agio in ogni situazione. Serve determinazione. La determinazione è il cavallo che tira il carro. La passione e il coraggio sono le ruote, ma se non hai determinazione, prima o poi, molli. Si nasce determinati. E’ vero. Ma è anche vero che il fattore di determinazione si può incrementare con l’allenamento e la costanza. Io a vent’anni, non ero così determinato come lo sono oggi. E questo, è anche merito della costanza che ho avuto in questi anni. Sicuramente, quello che ho detto può sembrare che centri poco con lo sport, ma sono fortemente convinto che per migliorare come atleta si debba migliorare come uomini. Perché niente è separato nella vita. 

Personalmente, non mi reputo un atleta. Sono solo un uomo che un giorno ha fatto un sogno e ha creduto profondamente in quel sogno. E sono caduto così tante volte, che ho imparato a rialzarmi standomene sdraiato a terra. Ma non ho mai perso la speranza. Ho sempre creduto nella possibilità di una vita felice e, come ho già detto, sono stato sempre fedele a me stesso. Perché essere felici non è solo un diritto, o qualcosa che ci meritiamo, ma è anche un dovere. È una responsabilità che abbiamo verso chi amiamo e verso la vita stessa. Io non lo so, se sono un bravo padre. Fare il genitore è una delle cose più difficili che esistano. Ma nei miei progetti e in tutto quello che faccio, cerco di trasmettere a mia figlia dei valori che per me sono fondamentali. E lo voglio fare, non solo con le parole ma, soprattutto, con l’esempio. Vorrei dimostrarle, che seguire un sogno e avere il coraggio e la determinazione necessaria per realizzarlo, è ciò che permette di vivere una vita felice e ricca di soddisfazioni.

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