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La danza sullo specchio di Federica Mingolla

L'arrampicata è fatta di momenti, di persone e di sogni. La via “Itaca nel sole” in Valle dell'Orco era uno dei sogni di Federica Mingolla, poliedrica atleta piemontese. Il momento per Federica di liberare i tiri chiave della storica linea al Caporal, aperta da Gian Piero Motti e Guido Morello e salita in libera per la prima volta nel 2003 da Cristian Brenna, è arrivato nel marzo scorso, a tre anni di distanza dal suo primo e folgorante incontro con le due lunghezze chiave, lisce, ruvide e superbe, rimaste per decenni inviolate. Un tempo necessario a Federica per far sedimentare le emozioni, vissute la prima volta su Itaca con un amico prematuramente scomparso, Adriano Trombetta, e arrivare alla sua danza perfetta sullo specchio del Caporal.

19 Aprile 2019

Arrampicata

©Federico Ravassard

L'atleta piemontese racconta la sua salita di “Itaca nel Sole” storica via al Caporal in Valle dell'Orco. Lasciamo la parola al racconto scritto da Federica.

"Era il 2016 quando per la prima volta il Tromba, Adriano Trombetta, mi portò a provare lo "Specchio". Era per me un periodo di continua scoperta, la mia attenzione si stava spostando sempre di più dalle pareti indoor e l’allenamento all’arrampicata su roccia.
La Valle dell’Orco si apriva davanti ai miei occhi nel momento di maggiore entusiasmo che abbia mai vissuto e mi svelava tutte le sue bellezze, tra cui anche Itaca. Avevo da poco scalato sul Caporal Il Lungo Cammino dei Comanches e Tomahawk Dance, due vie di rara bellezza, così il mio modo di scalare e di approcciarmi all’arrampicata è cambiato nel momento in cui ho iniziato a sentire il granito sotto i piedi. Nel giro di poco tempo ho visto la mia mentalità crescere, il mio corpo entrare in simbiosi con quel mondo di pietra liscia e verticale e Adriano, vedendo il mio entusiasmo alle stelle, aveva deciso di portarmi a conoscere Itaca.

Itaca è stata la via simbolo del Nuovo Mattino, nonché uno degli ultimi viaggi di Gian Piero Motti che nel 1975 prende coraggio e decide di salire quegli specchi inviolati che sono l’anima del Caporal. Finalmente anche l’ultima linea, la più estetica tra tutte, era stata salita e si sa, quando un viaggio finisce lascia un vuoto e tanta malinconia, bisogna saper ripartire prendendo tutto il buono di quello che è stato, il Nuovo Mattino stava cedendo il passo a nuove idee e nuove etiche. Per Motti, troppe cose erano cambiate e non si dava pace, quindi conclusosi il suo viaggio, arrivato ad Itaca, decise di andarsene e non ritornare più.

Quella prima volta me la ricordo bene, eravamo sotto la prima lunghezza di 8a dello Specchio, faceva molto freddo e Adriano era emozionato all’idea che io avrei potuto scalarla in libera al primo tentativo. Io pensavo fosse matto! Non andò così infatti, ma ci mancò veramente poco, all’ultimo movimento difficile che richiede un piccolo lancio al terrazzino dove poi termina la lunghezza ho deciso di cedere e di lasciarmi andare penzoloni sulla corda, vedevo l’abisso del Caporal sotto di me e gli occhi di Adriano rassegnarsi per la sconfitta.
Non passò nemmeno una settimana che mi convinse ad andare a provare il secondo tiro dello Specchio, l’8b, per me anche detto Il Mostro. Lì iniziò per me il calvario, tutto quello che pensavo di avere appreso dalla scalata in fessura e sul granito si vanificò in quei quindici metri di muro verticale e senza appigli.
Non mi davo pace e in quelle poche ore trascorse sulla piccola cengia continuai a fare tentativi, Adriano mi teneva la corda e mi rassicurava, premuroso, che avrei capito come fare un giorno o l’altro, forse semplicemente non era ancora arrivato quel momento.

E non arrivò mai, almeno per i successivi tre anni, in cui tornai su Itaca solo altre due volte. Poi Adriano se ne andò e con lui anche la mia voglia di crederci.
Non ho mai smesso di pensare a quella parete, le due lunghezze liberate da Cristian Brenna insieme a Marzio Nardi e ripetute solo da Nicolas Favresse, mi tornavano in mente e ne parlavo con esasperata esaltazione a molte mie serate, invocando il mio amico e ricordandolo sorridente nel posto che lui amava di più.
Quest’anno Andrea Migliano, un altro amico nonché compagno di mille avventure mi ha ricordato di quanto quest’inverno povero di neve abbia creato le condizioni ideali per andare a scalare al Caporal.
Ebbene, dal giorno del nostro incontro mi si era riaccesa la fiamma.

©Federico Ravassard

Ed eccomi finalmente di nuovo sotto allo Specchio, la paura di essere respinta è tanta ma questa volta sento che qualcosa è diverso. Dopo soli due tentativi riesco a realizzare il lancio del primo muro di 8a.
La settimana dopo mi focalizzo sul muro di 8b, il Mostro, il fessurino quasi sempre cieco che non ti permette di respirare perché ogni respiro equivale a perdere l’equilibrio. E quindi lo affronto come in apnea e trovo finalmente quella soluzione di continuità che non avevo trovato tre anni prima.
Mi sembra chiaro. Difficile, ma chiaro. Al terzo tentativo sfilo la corda e parto guerriera, sono presuntuosa e bramo la cima, quindi vengo punita, sbaglio a prendere l’ultimo appiglio della sequenza difficile e cado.
Non ho più energie, sorrido ad Andrea e gli spiego che è stato un mio errore di arroganza, che ci vuole tempo e avrei ritentato il giorno seguente.

Così il 20 marzo, ho scritto la parola fine sul mio diario di viaggio, sono arrivata ad Itaca ed è stato tanto bello quanto assurdo riuscire a salire anche quella lunghezza con un’innaturale semplicità quando fino a qualche anno prima mi era sembrata completamente estranea e impossibile. D’altronde i viaggi più sono lunghi e tortuosi, più ti insegnano e ti rimangono impressi nella mente.
Io questo viaggio me lo ricorderò per sempre come anche la persona con cui ho sognato di partire, poi si sa, anche se i programmi cambiano bisogna saper andare avanti, e il viaggio continua…"


Itaca nel Sole, un nome che sembra creato apposta per una via speciale, come ha scritto Andrea Gallo, una via sulla quale si può leggere tutto quello che è accaduto nel mondo dell’arrampicata dai suoi albori ad oggi.