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Spedizione esplorativa CAI-JTB in Giordania

Maurizio Oviglia ci racconta la sua personale avventura in Giordania, dove si è recato ad Aprile 2018 per l'apertura di vie di arrampicata in una zona vergine nel Wadi Sulam, a 30 km a nord di Petra.

7 Giugno 2018

Arrampicata

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A fine aprile 2018 sono stato invitato dalla Scuola Centrale del CAI a partecipare ad una spedizione esplorativa in Giordania sponsorizzata dallo Jordan Tourism Board. L'obiettivo della campagna esplorativa, di cui hanno fatto parte undici alpinisti e due speleologi, era quella di esplorare una zona di canyon e torri di arenaria nota ai locali come Wadi Sulam, una trentina di chilometri a nord di Petra. Tutta l'area era, dal punto di vista alpinistico, completamente vergine mentre alcuni canyon erano stati discesi in parte da torrentisti locali.

L'Ente del Turismo Giordano ha quindi pensato di sviluppare dal punto di vista arrampicata una zona che potesse essere alternativa alla classica Wadi Rum, da molti anni ormai meta di scalatori di tutto il mondo. La novità è rappresentata dal fatto che, invece di attendere che le nuove vie crescessero spontaneamente come è avvenuto nelle varie zone del mondo (magari nel corso di decenni) i giordani hanno pensato di accorciare i tempi dando un forte impulso iniziale aprendo nuove vie in varie stili, alpinistico e sportivo, affidandosi a degli esperti del settore selezionati dal Club Alpino Italiano.

Tutti noi, per essere ammessi, abbiamo dovuto presentare un curriculum, in modo da dimostrare di avere sufficiente competenza in materia di apertura e di attrezzatura di nuovi itinerari. Insomma un approccio tipicamente “arabo” nel valorizzare la competenza e professionalità straniera a proprio vantaggio che però non ha mancato di dimostrarsi efficace. Del team facevano parte anche alpinisti di comprovata fama, tra cui mi limito a citare Maurizio Giordani, Manrico Dell'Agnola e Luca Schiera. Facevano parte del gruppo anche il Presidente del Club Alpino Accademico Alberto Rampini e la Vice Presidente Generale del CAI Lorella Franceschini.

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Trovarsi davanti ad una zona completamente vergine per degli apritori di vie come noi non è cosa da tutti i giorni, non si sa bene dove iniziare! Il primo criterio su cui basarci per operare una scelta ci è apparso subito evidente: la roccia. È vero, c'era si roccia ovunque, ma spesso questa era più simile a sabbia e, pur affascinati dalle forme e dai colori accattivanti, risultava praticamente inscalabile e tanto meno proteggibile. Dopo esserci divisi in cordate, ogni team si è diretto “a naso” verso ciò che lo invogliava maggiormente. In cordata con Marcello Sanguineti e Marco Scagnetto, ho optato per l'apertura dal basso in stile misto di itinerari medio facili, che potessero invogliare qualche turista a prendere in considerazione questa nuova zona.

Abbiamo aperto così tre nuove vie, due su altrettante torri mai salite e una su un'altra salita solo il giorno precedente dal team di Maurizio Giordani. Su questa ho aperto in libera anche un difficile passaggio in fessura di VIII grado, protetto solo da friend. Ma lo sviluppo di una nuova area oggi include senza dubbio la creazione di nuove falesie; considerato il fatto che eravamo accompagnati da un gruppo di beduini locali che si sono fin da subito dimostrati interessati alle nostre manovre, ho subito pensato di attrezzare una falesia di monotiri molto facile che potesse invogliare i locali a cimentarsi con l'arrampicata. I giordani ci avevano per l'occasione messo a disposizione dei fittoni Petzl e delle barre d'acciaio da fissare con la resina che potessero tenere efficacemente anche nell'arenaria più tenera.

Creare sei monotiri con questa complessa procedura ci ha richiesto tutta la giornata. A quel punto, il lavoro non poteva tuttavia dirsi concluso. Abbiamo infatti dovuto attendere tutta la notte che la resina facesse presa per poterci, il giorno dopo, avvitare le placchette. Alla fine lo sforzo è stato ripagato dal vedere i beduini scalare le nostre vie piuttosto agevolmente, anche se le hanno scalate in salita e discesa, non fidandosi di appendersi alla nostra corda! 

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Il bilancio della spedizione è stato più che positivo. In soli 6 giorni di intenso lavoro, abbiamo aperto 20 vie lunghe dal 5 al 7a e monotiri dal 4 all'8a. Dopo una permanenza in un campo allestito con mezzi piuttosto di fortuna, senza poterci nemmeno lavare, ci è stata regalata un'ultima notte in un hotel a cinque stelle di Amman. Piuttosto imbarazzati, oltre che maleodoranti, siamo entrati in questo grattacielo di 30 piani con un solo desiderio: fare una doccia!
Per ogni altra informazione consultare la pagina face book Showbak Giordania o il sito www.planetmountain.com, con la relazione delle vie.

Maurizio Oviglia

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